Il caso di una donna di 28 anni
Un lavoro richiedente, sempre in viaggio, sempre in giro, ma è quello che vuoi.
Poi arriva un amore travolgente, da perdere la testa, di quelli che ti spingono a tatuarti il nome dell’amante sulla spalla. La relazione si tronca. Dimenticare, subito. Non devono restare tracce del rapporto, troppo dolorose.
Il tatuaggio è una ferita sanguinante, quel nome stampato sul tuo corpo va cancellato a tutti i costi. Con il laser si può. Le applicazioni sono dolorose, ma quel nome sulla tua spalle fa anche più male.
Il viaggio in Slovenia, dove ti assicurano che della scritta non resterà più traccia. I medici si raccomandano cautela con l’ustione lasciata dal laser.

Ma non c’è tempo per la convalescenza, il lavoro ti chiama, subito in viaggio, con poco tempo per le cure prescritte.
A casa non c’è nessuno a prendersi cura di te, la famiglia è lontana.
Negli alberghi solo sconosciuti.
Le settimane passano, il ricordo dell’amore sbiadisce: il tatuaggio non c’è più, al suo posto una ferita che non si rimargina.
E’ dolorosa.
Muovere il braccio è diventato un problema.
Sono passati tre mesi dal laser, la ferita è sempre lì.
Torni dal dermatologo che ti ha prescritto quel che tu non hai seguito.
Qualcuno ti suggerisce l’assistenza infermieristica.
E’ la svolta. Quattro settimane di cure e medicazioni a domicilio, a casa tua, su una parte del corpo non facile da raggiungere.
Poi gli ammonimenti, le conversazioni con chi si sta prendendo cura della tua ferita, delle tue ferite. In quattro settimane la piaga guarisce. La pelle restituisce il tatuaggio, la scritta dell’ex amante è rimasta: l’indelebile è irredimibile.